Presentazione dell’opera
Settembre 1916, Carso. Fresco di nomina al grado di sottotenente, Mario Puccini entra in zona d’operazioni con il II battaglione del 47° reggimento. Inizia la terribile avventura in prima linea che darà vita alle Esperienze di trincea, una collana di pezzi giornalistici (editi su Il Mondo) di taglio autobiografico riscritti e organizzati, ad armi deposte, nel diario Davanti a Trieste. Nel settore che si distribuisce tra Oppachiasella e Nova Vas, sulla linea conquistata con la Sesta battaglia dell’Isonzo, si svolgono i fatti del plotone che Puccini registra con l’occhio dell’uomo di lettere: ne scaturisce un racconto per quadri, distribuito tra il settembre e il novembre del 1916, nel quale si alternano voci e personaggi a raccontare la vita del soldato semplice. Una storia dal basso (che per l’usus scribendi ricorda uno dei grandi capolavori della letteratura di guerra, Il fuoco di Henri Barbusse) che è anche – come fa presente la lettera di prefazione anteposta al libro – un pegno d’amicizia a quei sottoposti diretti con amore paterno dal sottotenente nella baraonda del conflitto. Senza adagiarsi sulla postura intellettuale che spesso si avverte nella memorialistica di guerra, il letterato marchigiano anima un racconto che all’insegna della sincerità scava nella memoria per arrivare a un congedo, a una sorta di personale resa dei conti con l’esperienza di guerra, e che si chiude su una nota di rimpianto per la mancata partecipazione emotiva (ma la complicità è evidente), imposta dal rapporto gerarchico, alla vita dei propri uomini. Un commiato malinconico che chiude un’opera notevolissima, scritta da una penna in grado di variare, con la precisione del grande autore, il registro dello stile e dei contenuti dal basso della noiosa quotidianità in prima linea alla concitazione dell’assalto e alla riflessività del riposo nelle retrovie.